La Sicilia è un’isola; un continente, al centro del mediterraneo; un mondo a sé, con dentro tanti mondi quanti le persone che la vivono; e d’estate, come d’inverno, è un capolavoro
di Michele Cannavò
È questo ciò che non troppo spesso diciamo noi siciliani, è questo che altrettanto meno spesso pensano i turisti prima di venire a vivere l’esperienza che, in un senso o in un altro, può cambiare radicalmente il proprio punto di vista.
Già, perché se è vero che lassù qualcuno ci ama è altrettanto vero che lo ha manifestato quaggiù.
In questo ecosistema variegato formatosi in millenni d’integrazione, dove alla luce del sole ogni entità naturale che vuole andare in alto spinge le proprie radici verso il profondo.
Una terra che ancora ogni oggi è la proiezione di ciò che è stata ieri: segnata, divisa, unita.
Vissuta intensamente, forse troppo ardentemente, come l’Etna quando annebbiata dai suoi fumi alza il tono per poi riempirsi di fuoco. Regalando un capolavoro a coloro che a manifestazione dell’esistenza del fato e dell’altissimo, rappresentano la sua contraddizione: le persone.
Ognuna diversa, ognuna con la propria esperienza, ognuna con la propria curva di particolarità e tutti inconsapevolmente consapevoli della propria ignoranza: intesa come sconoscere parte o tutta la storia che c’è dietro ad ogni ‘oggetto’, ad ogni Uomo e ad ogni Donna, in tutto il territorio, di ogni parte del continente.
Da ieri all’oggi, e così tendendo.
Poiché proprio come ogni pietra che compone una cattedrale barocca, un’opera di età normanna o un teatro greco è uguale e diversa, allo stesso modo è ogni essere umano.
Non sarà solo una coincidenza se si è soliti dire “chi nasce tondo non può morire quadrato”, proprio come non è una coincidenza il poter aggiungere che può sempre squadrarsi nel percorso della propria vita. Spesso è un percorso solitario che avviene insieme nell’insieme, architettato dall’uomo e dallo spirito santo, come un capolavoro indescrivibile si muove nell’indefinito.
E proprio come ogni opera d’arte andrebbe liberamente accettata nella sua esistenza da tutti, pur mantenendo, tenuto conto delle diversità culturali, ognuno la propria opinione: quale che sia, sarà sempre diversa da quello che era l’intendimento di chi l’ha realizzata.
Senza fermarsi al se e al ma, che invece sono le 2 parole della contraddizione artificiale: i capisaldi riflessi delle proprie certezze, vera prigione di uno sviluppo sociale che mai decolla.
Proprio come facciamo relazionandoci con qualcuno che non parla la nostra lingua, attraverso la gestualità e il simbolismo: vero elemento divino, universale e distintivo fin dal giorno dei tempi.
Poiché in Sicilia, ma non solo, sappiamo che una parola è poca e due sono troppe, mentre i gesti donano colore e folklore.
Qui, da un’estate all’altra, superiamo l’inverno animati e spinti dal fuoco della speranza. Con la forza e la volontà di chi, conoscendo il dolore e la sofferenza lunga millenni, è in grado di abbracciare e ricomporre ogni anima, senza mai chiedere nulla in cambio: come il mare con le onde.
Talvolta perdendosi e ritrovandosi a camminare al di fuori delle strisce pedonali, insieme con quanti nel proprio mondo non lo hanno mai fatto, con un sorriso di beata felicità. Siamo solo noi siciliani che troppo spesso ci comportiamo come turisti in terra straniera, con la differenza che quando andiamo fuori dall’isola piuttosto che essere un prolungamento ed un’opportunità per questa terra ci ritroviamo solo a camminare dentro le strisce.
Per Noi, la Sicilia è casa, e bisogna avere cura della propria Casa.